Concorso per chiamata professori universitari. Illegittimità della commissione

E’ illegittima la procedura di chiamata dei professori universitari che nomini come membri della commissione giudicante tutti soggetti appartenenti al dipartimento, senza applicazione del meccanismo del sorteggio tra una lista ampia e variegata. presentano, infatti, forti indizi di mancanza di trasparenza ed imparzialità, nonché di opacità, le previsioni secondo cui il dipartimento che effettua la chiamata si sceglie anche i componenti della commissione che debba individuare il chiamato, senza effettuare il sorteggio dei componenti, tanto più laddove la procedura di selezione sia riservata ai soli docenti interni.

Il Piano Nazionale anticorruzione e le linee guida ANAC (Delibera n. 1208 del 22 novembre 2017) hanno predisposto un meccanismo di selezione della commissione per la chiamata dei professori universitari tramite sorteggio da liste di soggetti in possesso dei requisiti (previsti per la partecipazione a commissioni per il riconoscimento dell’abilitazione scientifica), rispettando i principi di trasparenza e pari opportunità.

Per quanto sia possibile dubitare del fatto che le citate linee guida possano essere considerate vincolanti, anche in caso di recepimento espresso da parte dell’amministrazione universitaria, ciò che rileva è lo spirito ne deriva e il rispetto dei principi espressi da tali regole. Esse rappresentano, appunto, linee guida per improntare l’attività dell’amministrazione  di nomina delle commissioni di concorso, alla massima trasparenza, evitando fenomeni corruttivi.

Ciò detto, non possono considerarsi legittime le disposizioni del regolamento di Ateneo che non rispettino lo spirito delle norme per l’anticorruzione e la trasparenza. Presentano forti indizi di mancanza di trasparenza ed imparzialità, nonché di opacità, le previsioni per le quali il Dipartimento che “chiama” si sceglie anche la commissione che deve individuare il “chiamato”. La rilevata anomalia è ancora più evidente in una procedura, quale quella di cui all’art. 24, comma 6, della legge n. 240/2010, che è riservata ai soli docenti interni titolari di abilitazione scientifica nazionale, candidati, dunque, noti prima ancora dell’indizione della procedura e di cui il Dipartimento ben conosce curriculum e i titoli.

E ancora, appare fortemente viziata la procedura di selezione dei commissari in cui tutti i nominativi indicati dal dipartimento procedente entrino a far parte della commissione, come titolari o supplenti. Non risulta infatti dirimente la circostanza che i supplenti non entrano nel processo decisionale se non in caso di indisponibilità dei titolari, atteso che, a monte, la mera indicazione di essi ne sancisce la “fungibilità” in termini di gradimento da parte del Dipartimento. Il principio del sorteggio da liste di soggetti in possesso dei requisiti previsti per la partecipazione alle Commissioni per l’abilitazione scientifica nazionale impone che la scelta avvenga per mezzo di un procedimento che, affidandosi alla “sorte”, escluda qualsiasi interferenza della volontà e, al cui esito, uno sia il sorteggiato, mentre gli altri componenti della lista (più o meno lunga) restino esclusi.

Va rammentato – del resto – che, nell’attuale contesto normativo, la copertura dei posti da professore ordinario e associato può avvenire mediante due diverse modalità:  i) mediante procedura selettiva aperta a tutti i soggetti in possesso dell’abilitazione scientifica nazionale e ai professori già in servizio (art. 18, della legge 30 dicembre 2010, n. 240); ii) per un massimo della metà dei posti disponibili, attraverso le procedure di selezione mediante upgrading, di cui all’art. 24, commi 5 e 6, della legge 30 dicembre 2010, n. 240.

È dunque consentito alla singola Università, «nell’ambito delle risorse disponibili per la programmazione», di valutare i docenti titolari di contratto, in servizio presso l’Ateneo medesimo ed in possesso di abilitazione scientifica, ai fini della loro chiamata nel ruolo dei professori associati (se ricercatori) ovvero in quello dei professori ordinari (se professori associati). Il tratto differenziale dei due dispositivi di accesso è costituito dal fatto che, mentre il primo ha natura concorsuale (quindi aperto a tutti i candidati interessati), la seconda prevede un meccanismo di reclutamento eccezionale riservato agli “interni”, ovvero al ricercatore o al professore già incardinato presso l’Università. Senonché «la rinuncia alla massima concorsualità tipica della procedura aperta, non significa affatto che tale peculiare forma di reclutamento sia rimessa a valutazioni “libere” (secondo il criterio dell’intuitus personae), né tantomeno che possa avvenire a mezzo di procedure opache» (Cons. Stato, Sez. VI, 24 aprile 2018, n. 2500). Ciò detto, il meccanismo di selezione della commissione deve assicurare l’imparzialità della procedura, risultando invece illegittimo il procedimento di nomina dei commissari che, attraverso un finto sorteggio, sostanzialmente, neutralizza la parvenza di concorsualità della procedura.

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