Risarcimento del danno da responsabilità precontrattuale dell’amministrazione pubblica per lesione del legittimo affidamento

Come noto, l’ordinamento contempla ormai da tempo la possibilità di risarcimento del danno da lesione di un interesse legittimo; che sia di natura pretensiva od oppositiva.

Quel che vogliamo brevemente indagare oggi riguarda la possibilità ed i limiti per cui l’interesse l tutelato nel giudizio amministrativo sia quello da legittimo affidamento causato nel destinatario di un provvedimento, poi successivamente annullato (in via amministrativa o giurisdizionale), e quindi la responsabilità precontrattuale dell’amministrazione come fonte di risarcimento del danno.

L’affidamento nella legittimità dei provvedimenti dell’amministrazione e, più in generale, nella correttezza del suo operato è ormai anch’esso principio consolidato, quanto meno se derivante da successiva revoca da parte dell’amministrazione del provvedimento legittimo (si  cfr. Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 6/2005). Laddove l’amministrazione eserciti un’attività di natura contrattuale, seppur confinata entro i limiti a cui l’attività amministrativa è soggetta (con sottoposizione alle regole dell’evidenza pubblica innanzitutto), essa è anche sottoposta alle norme di correttezza di cui all’art. 1337 c.c. prescritte dal diritto comune. Da ciò deriva che la revoca che rispetti i requisiti ed i limiti imposti dalla legge, e non sia pertanto annullabile dal giudice competente, può comunque produrre un danno risarcibile nel destinatario del provvedimento revocato. Si tratta del danno da lesione dell’affidamento maturato sulla conclusione del contratto in cui l’amministrazione incorre ogni volta che tale affidamento fosse sufficientemente suffragato da un provvedimento amministrativo definitivo.

Considerato che le decisioni su questo tema riguardano, per lo più, la materia degli appalti pubblici, è stato per esempio considerato fonte di responsabilità precontrattuale la selezione dell’offerta dell’aggiudicataria e l’adozione del provvedimento definitivo a suo favore.

In sostanza, si ritiene che le regole di legittimità amministrativa e quelle di correttezza operino su piani distinti ed autonomi, uno relativo alla validità degli atti amministrativi e l’altro concernente invece la responsabilità dell’amministrazione e i connessi obblighi di protezione in favore della controparte, per cui non sussiste nessuna pregiudizialità fra essi. L’accertamento della legittimità degli atti non implica che l’amministrazione sia esente da responsabilità per i danni subiti dal privato destinatario degli stessi. È ormai chiaro che la una responsabilità da comportamento scorretto possa sussistere nonostante la legittimità del provvedimento amministrativo che conclude il procedimento. Si tratta di una è una responsabilità «da comportamento illecito, che spesso non si traduce in provvedimenti illegittimi, ma anzi per molti versi presuppone la legittimità dei provvedimenti che scandiscono la parabola procedurale» (cfr. C. Stato A.P. 5/2018). E anzi, l’affidamento è oramai considerato principio generale dell’azione amministrativa che fa sorgere nel destinatario l’aspettativa al mantenimento nel tempo del rapporto giuridico sorto a seguito di tale attività.

Si tratta quindi di un istituto che, se anche sorto nei rapporti di diritto civile a tutela della buona fede ragionevolmente riposta, è ormai considerato canone ordinatore anche dei comportamenti delle parti coinvolte nei rapporti di diritto amministrativo, ovvero quelli che si instaurano nell’esercizio del potere pubblico, sia nel corso del procedimento amministrativo sia dopo che sia stato emanato il provvedimento conclusivo; come del resto puntualmente dispone anche l’art. 1, comma 2-bis, della legge 7 agosto 1990, n. 241, secondo cui  «(i) rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione sono improntati ai princìpi della collaborazione e della buona fede».

 A fronte del dovere di collaborazione e di comportarsi secondo buona fede possono pertanto sorgere aspettative la cui frustrazione può essere per l’amministrazione fonte di responsabilità.

Tanto chiarito, la lesione dell’aspettativa può configurarsi non solo in caso di atto legittimo, ma anche nel caso di atto illegittimo, poi annullato in sede giurisdizionale, quando il soggetto beneficiario dell’atto abbia maturato una ragionevole aspettativa alla sua stabilità, che dunque può essere ingiustamente lesa per effetto dell’annullamento in sede giurisdizionale.

Si è quindi affermato il principio per cui nei rapporti di diritto amministrativo è possibile che in capo al privato si configuri un affidamento sul legittimo esercizio del potere, per cui la buona fede è fonte di responsabilità anche in caso di provvedimento favorevole (illegittimo) poi annullato su ricorso di terzi.

Con riferimento ai limiti della tutela risarcitoria per frustrazione degli obblighi di correttezza e buona fede da parte della PA, che anche in questo settore tutela l’interesse a non essere coinvolto in trattative inutile e quindi la necessità di assicurare la serietà dei contraenti nelle attività prodromiche alla conclusione del contratto, il risarcimento è ammesso nei limiti dell’interesse negativo, ossia delle spese sostenute e delle perdite di occasioni contrattuali alternative.

Anche nel settore pubblicistico, così come in quello privatistico, è necessario che il livello delle trattative sia tale da far motivatamente confidare nella conclusione del contratto, per cui il recesso dalle trattative, in linea di principio libero, risulti invece ingiustificato sul piano oggettivo, tanto da integrare una condotta contraria al dovere di buona fede ex art. 1337 c.c..

Nel settore degli appalti, per esempio, l’affidamento è legittimo quando sia stata pronunciata l’aggiudicazione definitiva, cui non abbia poi fatto seguito la stipula del contratto, ed ancorché ciò sia avvenuto nel legittimo esercizio dei poteri della stazione appaltante. L’aggiudicazione è dunque considerata il punto di emersione dell’affidamento ragionevole, tutelabile con il rimedio della responsabilità precontrattuale. Il recesso ingiustificato assume i connotati provvedimentali tipici della revoca o dell’annullamento d’ufficio della gara, che interviene a vanificare l’aspettativa dell’aggiudicatario alla stipula del contratto e che, pur legittimo, non vale quindi ad esonerare l’amministrazione da responsabilità per avere inutilmente condotto una procedura di gara fino all’atto conclusivo ed avere così atto maturare il convincimento della sua positiva conclusione con la stipula del contratto d’appalto.

A ciò si aggiunga, poi, che sebbene dal punto di vista della Cassazione l’affidamento del concorrente ad una procedura di affidamento di un contratto pubblico è tutelabile «indipendentemente da un affidamento specifico alla conclusione del contratto» e la stazione appaltante è quindi responsabile sul piano precontrattuale «a prescindere dalla prova dell’eventuale diritto all’aggiudicazione del partecipante», il contrasto apparente rispetto all’orientamento del giudice amministrativo non è così lampante come potrebbe sembrare ad uno sguardo frettoloso. La stessa giurisprudenza amministrativa non si è arroccata su rigidi apriorismi, ma con criterio elastico ha negato rilievo dirimente all’intervenuta aggiudicazione definitiva, affermando che la verifica di un affidamento ragionevole sulla conclusione positiva della procedura di gara va svolta in concreto, in ragione del il grado di sviluppo raggiunto dalla singola procedura al momento della revoca.

Ciò detto, l’accertamento in concreto degli elementi costitutivi della responsabilità precontrattuale può determinare il sorgere di tale responsabilità anche prima dell’aggiudicazione, potendo derivare non solo da comportamenti anteriori al bando, ma anche da qualsiasi comportamento successivo che risulti contrario, all’esito di una verifica da condurre necessariamente sul caso specifico, ai più volte richiamati doveri di correttezza e buona fede.

La tutela civilistica della responsabilità precontrattuale, pur nel quadro del principio generale dell’autonomia negoziale delle parti, ivi compresa l’amministrazione, opera per assicurare la serietà delle trattative finalizzate alla conclusione del contratto, per cui essa costituisce il punto di equilibrio: «tra la libertà contrattuale dell’amministrazione e la discrezionalità nell’esercizio delle sue prerogative pubblicistiche da una parte, rispetto del limite della correttezza e della buona fede, dall’altro», tenuto conto che ciascun contraente assume «un ineliminabile margine di rischio in ordine alla conclusione del contratto» e che dunque non può confidare sempre sulla positiva conclusione delle trattative, ma solo quando queste abbiano raggiunto un grado di sviluppo tale da rendere ragionevolmente prevedibile la stipula del contratto.

L’affidamento è tutelabile se ragionevole e se quindi il recesso invece appaia ingiustificato, ossia sorretto da una condotta colposa dell’amministrazione, nel senso che la violazione del dovere di correttezza e buona fede deve esserle imputabile quanto meno a colpa, secondo le regole generali valide in materia di responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 cod. civ., come invece non deve risulta colpevole l’affidamento del concorrente. Se incorre in responsabilità precontrattuale la «parte che, conoscendo o dovendo conoscere l’esistenza di una causa di invalidità del contratto, non ne ha dato notizia all’altra parte», il risarcimento è escluso se la conoscenza di una causa invalidante il contratto è comune ad entrambe le parti che conducono le trattative, poiché nessuna legittima aspettativa di positiva conclusione delle trattative può mai dirsi sorta.

Tradotto sul piano amministrativo, il principio impone che la responsabilità precontrattuale in caso di annullamento del provvedimento illegittimo abbia bisogno di ulteriori requisiti rispetto a quella che sorge in caso di revoca dell’atto legittimo. Nel secondo caso infatti la rivalutazione dell’interesse operato dall’amministrazione a sostegno della revoca impedisce di valutare con sfavore il comportamento del privato. L’ annullamento del provvedimento illegittimo, invece, è giustificato dalla necessità di rimozione di un vizio del provvedimento. Se pertanto il motivo di illegittimità che ha determinato l’annullamento è conoscibile dal concorrente, la responsabilità dell’amministrazione può essere esclusa. E ciò sia nel caso di annullamento operato dall’amministrazione, che nel caso di annullamento giurisdizionale. Con la precisazione che, in questa seconda ipotesi, le particolari regole del giudizio amministrativo, la qualità di controinteressato del beneficiario dell’atto e la ristrettezza del termine di impugnazione comportano che, secondo il giudice amministrativo, il comportamento incolpevole del beneficiario dell’atto annullato può sussistere, sempre previa verifica in concreto, solo fino alla proposizione del ricorso di impugnazione, perché è quello il momento in cui l’annullamento dell’atto per effetto dell’accoglimento del ricorso diviene un’evenienza non imprevedibile, di cui il destinatario non può non tenere conto.

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